Il WWF pubblica un rapporto sulle sue violazioni dei diritti umani

25 novembre 2020

Il WWF lavora nel Bacino del Congo da oltre 20 anni, sostenendo squadre che hanno commesso abusi violenti contro i popoli indigeni. © WWF

Questa pagina è stata creata nel 2020 e potrebbe contenere un linguaggio ormai obsoleto.

Il WWF ha pubblicato ieri un rapporto commissionato per indagare sulle sue eventuali violazioni dei diritti umani commesse nel Bacino del Congo, in India e Nepal. Il rapporto “non ha cercato di determinare… se i presunti abusi… tra cui assassini, stupri, torture, pestaggi, arresti e detenzioni arbitrari, invasione di case e distruzione e furto di proprietà personali, commessi … da ranger delle aree protette e altri agenti sotto l’autorità dei governi… si sono verificati”. Bensì di verificare se “il WWF sapeva dei presunti abusi commessi dai guardaparco… ma… ha continuato a sostenerli e a lavorare con loro, e… se ha mancato di adottare misure efficaci per prevenire, rispondere e rimediare ai presunti abusi”.

Il rapporto echeggia risposte già date in precedenza dall’organizzazione che continua a scaricare la responsabilità sui guardaparco “del governo”, anche se finanziati e addestrati dal WWF stesso.

Il rapporto riconosce che nella maggior parte dei casi “il WWF sapeva che si stavano verificando abusi” ma ha mancato di fermarli. Quando c’è stata una risposta, è stata “inconsistente”, “debole” e “arrivata troppo tardi, quando era ormai impossibile affrontare o prevenire la violazione dei diritti umani”. Il rapporto mostra chiaramente che l’alta dirigenza del WWF International, che era responsabile della gestione diretta dei programmi in Camerun e nella Repubblica Democratica del Congo, ha ripetutamente fallito, nel corso di diversi anni, nell’intraprendere azioni correttive. Afferma anche che il WWF ha continuato a finanziare e sostenere i ranger che hanno commesso abusi nel bacino del Congo: “Lo staff del WWF Camerun sapeva almeno dal 2008 di accuse di pestaggi e violenza fisica da parte di ecoguardie nei parchi nazionali del Camerun sudorientale. Tuttavia, il WWF ha continuato a finanziare, sostenere e collaborare con le ecoguardie in vari modi”.

Il rapporto ha anche stabilito che “l’applicazione delle sue [del WWF] politiche sociali e dei suoi impegni verso i diritti umani è stata inconsistente nei paesi oggetto dell’indagine, e che è stata particolarmente debole nei paesi del Bacino del Congo”.

Il rapporto era stato commissionato nel marzo 2019 a seguito delle inchieste di Buzzfeed, che confermavano precedenti indagini realizzate da Rainforest Foundation (UK) e Survival International: i progetti del WWF nel Bacino del Congo si sono appropriati della terra dei Baka, dei Bayaka e di altri popoli locali (cosiddetti “Pigmei”) senza il loro consenso. Inoltre i guardaparco hanno gravemente maltrattato questi popoli nel nome della lotta al bracconaggio.

Gli indigeni sono stati picchiati, torturati, imprigionati e uccisi per anni. Non sono stati risparmiati nemmeno donne, bambini e anziani.

Il WWF aveva incaricato dell’indagine lo studio legale inglese Kingsley Napley – specializzato in tutela della reputazione. Il rapporto è stato poi “valutato” da un gruppo di consulenti per i diritti umani, tra cui John Knox, ex relatore speciale per le Nazioni Unite su diritti umani e ambiente.

Il rapporto mostra chiaramente una mancanza di trasparenza nell’organizzazione. Emerge infatti che il WWF ha “nascosto informazioni”, ha “offuscato”, “indebolito” e “ammorbidito” i propri rapporti per proteggere la reputazione. Tuttavia, paradossalmente nelle sue conclusioni, il “Panel di esperti” non ha ritenuto nessuno responsabile di ciò, sostenendo che: “la conoscenza delle accuse di abuso e l’aver continuato a sostenere le ecoguardie non violano necessariamente, di per sé, le norme sui diritti umani”.

Funzionari congolesi consegnano un fucile d’assalto a un alto funzionario del Parco Nazionale di Salonga (e impiegato WWF). Alcune delle guardie del parco sono state accusate di stupro di gruppo, torture e uccisioni. © Sinziana-Maria Demian / WWF

Il 18 novembre, il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP) aveva risposto agli abusi commessi da guardaparco finanziati dal WWF nel Nord del Congo annunciando la sua decisione di terminare il sostegno al suo progetto ”Conservazione trans-frontaliera della biodiversità nel Bacino della Repubblica del Congo” e di “reimpostare in modo fondamentale” il suo lavoro nell’area. Tuttavia, continuerà a sostenere la conservazione nell’area e a lavorare con il WWF, nonostante le violazioni dei diritti umani ormai riconosciute.

“Un altro dei tanti rapporti interni sugli abusi dei diritti umani del WWF conferma quanto denunciamo da decenni” ha dichiarato oggi Stephen Corry, Direttore generale di Survival. "Oggi la conservazione sta riformulando la sua narrativa per includervi il sostegno ai diritti indigeni. L’abbiamo già sentita fare discorsi simili in passato ma sul campo sembra essere cambiato ben poco. Le terre dei popoli indigeni devono essere effettivamente riconosciute come loro, e deve essere rispettato il loro diritto di rifiutare interventi esterni che non vogliono, compresi i cosiddetti progetti “verdi”. Ottengono risultati di conservazione migliori delle ONG che li maltrattano e li minacciano. Se vogliamo davvero proteggere la biodiversità, dobbiamo lasciare spazio ai popoli indigeni.”

Udege
Popolo

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