Caso Nukak: copertura mediatica superficiale e irresponsabile
17 maggio 2006
Questa pagina è stata creata nel 2006 e potrebbe contenere un linguaggio ormai obsoleto.
L'11 maggio scorso, il New York Times ha pubblicato un articolo sui
Nukak-Maku raccontando in modo irresponsabile e superficiale le ragioni della fuga di questo popolo dalla foresta colombiana.
In pochi giorni, l'articolo è stato riproposto quasi integralmente da decine di testate giornalistiche italiane dando alla vicenda una copertura mediatica senza precedenti nel nostro paese – ne hanno parlato tutti i principali quotidiani tra cui La Repubblica, Il Corriere della Sera, La Stampa, Il Messaggero, Metro e molti altri.
Survival, che sostiene i Nukak-Makú dal 1988, ha inviato una lettera a tutti i direttori dei giornali che hanno riportato in modo acritico la notizia chiedendo la messa al bando dei toni sensazionalisti e delle cornici esotiche in cui i drammi dei popoli indigeni vengono troppo spesso confinati.
Ecco il testo della lettera nella sua versioni più generale:
L'articolo inerente gli Indiani Nukak della Colombia da voi pubblicato ha suscitato grande sgomento in molti dei nostri sostenitori.
Per descrivere i Nukak e la loro situazione, infatti, nel pezzo vengono utilizzate parole come "uomini primitivi", uomini "dell'età della pietra" stanchi di vivere allo "stato selvaggio".
Riferirsi al mondo dei popoli indigeni come al "paleolitico" significa sostenere implicitamente che le loro società non si siano in alcun modo evolute (al contrario delle nostre!?), e che abbiano pertanto bisogno di aiuto per "svilupparsi" e "civilizzarsi".
Questa percezione, che risale all'epoca coloniale, è non solo scientificamente sbagliata ma è anche pericolosa perché alimenta pregiudizi utilizzati ancora oggi per legittimare la violazione dei loro diritti. Quante volte, per esempio, governi e multinazionali hanno costretto i popoli tribali a sedentarizzarsi "per il loro bene", per aiutarli a "stare al passo" col resto del mondo? Le conseguenze di queste azioni, che costituiscono una grave violazione del loro diritto di decidere liberamente del proprio futuro, sono sempre e invariabilmente la povertà, la malattia, la disperazione e la morte.
In realtà, i popoli tribali, come tutte le società umane, evolvono nel tempo adattandosi costantemente a un ambiente in perenne trasformazione; quindi non sono meno contemporanei di quanto lo siamo noi. Essi semplicemente hanno stili di vita "diversi" dal nostro, ma altrettanto sofisticati.
I Nukak-Maku di cui si legge nell'articolo non sono uomini inconsapevoli del mondo esterno, stancatisi improvvisamente di una vita spesa a "vagare" ingenuamente nella foresta. Al contrario, questo popolo – che costituisce una delle poche tribù nomadi dell'Amazzonia colombiana – si è visto recentemente costretto ad abbandonare la sua terra sotto i fuochi incrociati della guerra della coca che imperversa in questa remota regione del paese.
Oltre che dai coltivatori di coca, infatti, le loro terre sono state anche invase dai gruppi guerriglieri di sinistra, dai paramilitari di destra e dall'esercito colombiano, tutti in lotta per il controllo delle coltivazioni. Le violenze di cui la foresta dei Nukak è diventata teatro sta di fatto rendendo impossibile la vita di questo popolo nella sua terra e sta mettendo seriamente a rischio la sua stessa sopravvivenza.
Confidiamo che lei voglia porre rimedio ai grossolani errori commessi dal New York Times (di cui voi avete riproposto in modo acritico l'articolo sui Nukak dell'11 maggio scorso) pubblicando questa nostra lettera.
La distruzione dei popoli tribali del mondo non è un processo storico inevitabile. Come la schiavitù, si tratta solo di un crimine che può essere fermato. Riconoscere che quelle indigene sono società vitali e in grado di sopravvivere, società contemporanee e pari alle nostre, significa compiere un primo ma fondamentale passo verso la giustizia.
I popoli tribali hanno diritto alle loro terre e al rispetto delle leggi. E ognuno di noi li può aiutare concretamente anche semplicemente smettendo di definirli "primitivi". A voi editori e giornalisti va poi un ulteriore compito: quello di mettere al bando anche i titoli e i toni sensazionalistici, le cornici esotiche in cui i drammi di questi popoli vengono troppo spesso confinati.
Per partecipare alla campagna di Survival a sostegno dei Nukak:
www.survival.it
Cordialmente,
Francesca Casella
Survival International Italia
Per leggere l'ultimo bollettino d'azione urgente pubblicato da Survival sui Nukak, clicca qui
Per leggere il pezzo originale del New York Times, clicca qui.
Per leggere alcuni degli articoli pubblicati da alcune testate italiane, clicca sul nome corrispondente:
La Repubblica 11 maggio 2006
Il Messaggero 14 maggio 2006
Il Corriere della Sera 11 maggio 2006