Brasile: un anno dalla prima vittima indigena del Covid-19
25 marzo 2021
Questa pagina è stata creata nel 2021 e potrebbe contenere un linguaggio ormai obsoleto.
A un anno dalla prima vittima indigena del Covid-19 in Brasile, i popoli indigeni del paese continuano a essere colpiti dal virus in modo sproporzionato.
Il primo decesso conosciuto di una persona indigena è quello di Luisa dos Santos Lobato, una donna Borari morta il 19 marzo 2020.
Da quel giorno oltre 1.000 indigeni sono morti in Brasile a causa del virus, e più di 50.000 sono stati contagiati.
La disastrosa gestione della pandemia da parte di Bolsonaro ha contribuito al notevole innalzamento del tasso di contagio. Minimizzando la malattia stessa, intralciando la distribuzione del vaccino e continuando a soffocare il sistema sanitario indigeno, infatti, il presidente ha giocato un ruolo stategicamente importante nella diffusione del coronavirus.
I leader indigeni hanno denunciato la ‘irresponsabilità’ della risposta del governo brasiliano all’emergenza.
Il Covid-19 sta devastando i popoli indigeni in tutto il paese e ha già tolto la vita a diverse figure indigene di spicco, come Aritana Yawalapiti del popolo yawalapiti, a Paulinho Paiakan della tribù kaiapó e a Aruká Juma, l’ultimo uomo del popolo Juma.
Scandalosamente, secondo i dati di COIAB, il tasso di mortalità tra i popoli indigeni in Amazzonia è del 32% superiore a quello della popolazione brasiliana, mentre il tasso di contagio è del 34% più alto.
La diffusione del Covid-19 tra le comunità indigene, già colpite in modo sproporzionato da malattie occidentali comuni, è stata notevolmente accelerata dalle invasioni illegali dei loro territori.
Trafficanti di legname, minatori e altri invasori si sentono incoraggiati dalla retorica anti-indigena di Bolsonaro: continuano a entrare e a distruggere le terre – e le vite – indigene nell’impunità.
Oggi, grazie alle incessanti pressioni del movimento indigeno, i popoli indigeni sono stati inseriti tra i gruppi prioritari per le vaccinazioni, che in alcuni territori sono già cominciate. Secondo il servizio sanitario indigeno SESAI, gli indigeni che hanno già ricevuto la prima dose sono oltre 280.000.
Tuttavia, da questo piano vaccinale sono esclusi molti indigeni che vivono in aree urbane o in territori non completamente demarcati. Restano quindi particolarmente esposti al virus, così come le tribù incontattate – che non possono essere vaccinate e sono i popoli più vulnerabili al mondo.
“Il coronavirus si è diffuso in tutta la valle Javari a causa della irresponsabilità dello Stato brasiliano, che non ha svolto il suo ruolo. Siamo molto preoccupati, soprattutto per le vite dei nostri parenti incontattati” aveva detto nel 2020 Kuna Kanamari, indigeno della valle Javari – l’area in cui vive la più alta concentrazione di popoli incontattati al mondo.
Survival International lavora a fianco delle organizzazioni indigene per fermare il genocidio in Brasile.
Nota ai redattori: Il tasso reale dei contagi e delle vittime tra i popoli indigeni è probabilmente molto più alto rispetto alle statistiche ufficiali a causa delle difficoltà nel denunciare i casi e nell’accedere a molte comunità.