Lettera Aperta a Mario Draghi. Obiettivo 30% in Aree Protette: un disastro per i popoli indigeni e la biodiversità

Il campo di Asan Kudar, dove dal 2013 vivono sotto teloni di plastica oltre un centinaio di indigeni Khadia sfrattati dalla Riserva delle tigri di Similipal. Hanno ricevuto solo una piccola parte del risarcimento promesso. I giornali indiani hanno lodato questo sfratto come un modello di “successo”. © Survival

Abbiamo diffuso pubblicamente questa lettera affinché tutti possano comprendere che la lotta alla perdita di biodiversità non può essere realizzata a spese dei migliori custodi della natura. L’obiettivo di trasformare il 30% del pianeta in Aree Protette è una “Grande Bugia Verde” che distruggerà milioni di vite e non salverà il pianeta. A questo link è disponibile una dichiarazione che chiarisce le ragioni della nostra opposizione alla proposta, firmata da oltre 230 organizzazioni, esperti e accademici per l’ambiente e per i diritti umani.

Milano, 2 marzo 2021

Obiettivo 30% in Aree Protette: un disastro per i popoli indigeni e la biodiversità

Signor Presidente Mario Draghi,

l’obiettivo di trasformare il 30% del pianeta in “Aree Protette” entro il 2030 sarà discusso al Congresso della IUCN nel prossimo mese di settembre, e deciso alla COP15 della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD).

Il target è stato presentato come una delle priorità per ridurre la perdita di biodiversità e la mitigazione dei cambiamenti climatici. Si tratta di un grave errore. Lungi dall’essere una soluzione miracolosa, le Aree Protette provocano gravi violazioni dei diritti umani dei popoli indigeni e delle comunità locali. E nulla oggi lascia pensare che in futuro sarà diverso.

La creazione di Aree Protette, soprattutto in Africa e Asia, segue un modello coloniale detto “conservazione-fortezza” che porta all’accaparramento di terra. I popoli indigeni che vivono in questi territori vengono sfrattati, picchiati, torturati, violentati o addirittura uccisi da guardaparco supportati dalle maggiori ONG della conservazione. L’espansione di questo modello per raggiungere il target del 30% rischia di danneggiare oltre 300 milioni di persone, tra le quali si contano le comunità più vulnerabili e rispettose dell’ambiente.

Le Aree Protette danneggiano anche la biodiversità che pretendono di voler proteggere. I popoli indigeni giocano infatti un ruolo cruciale nella protezione degli ecosistemi in cui vivono. Quando i loro diritti sui territori ancestrali sono garantiti, le loro conoscenze e stili di vita li rendono i migliori custodi della natura. Le evidenze scientifiche in merito sono schiaccianti. Tuttavia, l’attuale progetto di espansione delle Aree Protette non prevede nessuna garanzia per i popoli indigeni né per le comunità locali. Chiediamo che siano garantiti e rispettati i loro diritti territoriali, il diritto all’autodeterminazione e al Consenso Libero Previo e Informato.

L’Italia ha dichiarato il proprio appoggio all’obiettivo del 30% nel quadro della “Coalition of High Ambition for Nature and Peoples” e quest’anno, come da Lei ricordato, il paese ospiterà il G20 oltre che la Pre-Cop. Perciò sulle Sue spalle ricade una grande responsabilità.

Lei ha affermato che “proteggere il futuro dell’ambiente richiede un approccio nuovo”: ha ragione! Per questo La sollecitiamo ad abbandonare un modello di conservazione coloniale, razzista, responsabile di gravi abusi e oltretutto inefficace ai fini ambientali. È vitale che Lei usi la Sua leadership per assicurare che i diritti umani e territoriali dei popoli indigeni siano rispettati e che tutte le garanzie necessarie siano incluse.

I popoli indigeni sono i migliori conservazionisti e assicurare i loro diritti dev’essere il principale strumento di protezione della biodiversità. Per i popoli indigeni, per la natura, per tutta l’umanità.

Cordialmente,

Francesca Casella
Direttrice di Survival International Italia

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