India: indigeni sfrattati illegalmente dalla riserva delle tigri del Libro della Giungla
14 gennaio 2015
Questa pagina è stata creata nel 2015 e potrebbe contenere un linguaggio ormai obsoleto.
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Nel nome della conservazione della tigre, alcuni popoli indigeni sono stati sfrattati illegalmente e con la forza dalla riserva indiana di Kanha – set del famoso “Libro della giungla” di Kipling. Molte altre tribù devono affrontare lo stesso destino, in tutta l’India.
Gli indigeni sfrattati raccontano che il Dipartimento alle Foreste li ha minacciati di mandare gli elefanti a calpestare le loro case e i raccolti se non se ne fossero andati immediatamente.
L’area è il territorio ancestrale delle tribù Baiga e Gond, che senza le loro foreste sono condannate a un futuro senza speranza.
Le famiglie sono state perseguitate per anni affinché lasciassero la riserva. Quando infine sono state sfrattate, non hanno ricevuto né terra né aiuti per ricostruire le loro vite all’esterno dell’area. A mesi dallo sfratto, le famiglie denunciano di aver ricevuto solo una parte del risarcimento che aspettavano – mentre altre non hanno avuto nulla in assoluto.
“Abbiamo ricevuto del denaro, ma siamo persi: vaghiamo in cerca di terra” ha detto un indigeno sfrattato dal villaggio di Jholar, a Kanha. “Qui c’è solo sconforto. Abbiamo bisogno della giungla.”
Ora le comunità sono sparse nei villaggi circostanti. Il loro diritto a vivere nelle – e delle – foreste e a proteggerle è riconosciuto dalla legge indiana.
“Vogliono darci denaro. Noi non lo vogliamo. Vogliamo la terra. Il denaro per noi non significa nulla, perché va e viene”, aveva detto a Survival un uomo Baiga prima di essere sfrattato.
Guarda le commoventi interviste agli abitanti del villaggio di Jholar, nella riserva delle tigri di Kanha, che oggi sono stati sfrattati (il video è stato girato nel 2012).
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Survival International – il movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni – ha scritto al WWF; il Fondo Mondiale per la Natura, infatti, fornisce sostegno allo staff del Dipartimento alle Foreste impegnato in prima linea nella forma di infrastrutture, addestramento ed equipaggiamento.
I popoli indigeni sono i migliori conservazionisti. La campagna di Survival ‘Parks Need Peoples’ ha lanciato una sfida all’attuale modello di conservazione. Le organizzazioni conservazioniste devono rispettare la legge internazionale, tutelare i diritti territoriali dei popoli indigeni, chiedere loro di cosa hanno bisogno per proteggere le loro terre, ascoltarli, ed essere poi pronti a sostenerli il più possibile.
“Quanto sta accadendo a Kanha esemplifica bene il lato più preoccupante dell’industria della conservazione: migliaia di turisti scorrazzano per il parco su jeep rumorose per fotografare le tigri assediate, mentre le comunità baiga, che per generazioni si sono prese cura dell’habitat degli animali, vengono distrutte dagli sfratti forzati” ha commentato oggi Stephen Corry Direttore generale di Survival. “Purtroppo, sembra che i conservazionisti non siano in grado di cogliere la tragica ironia di questa situazione. Se l’India non permetterà ai Baiga e ai Gond di tornare ai loro villaggi e non impedirà che altri abitanti siano cacciati via, le comunità verranno completamente distrutte. Sfrattare le tribù non salverà le tigri.”
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Nota ai redattori:
- Nel dicembre 2013, nel corso di uno sfratto analogo a quello denunciato in questo comunicato, 32 famiglie Khadia sono state rimosse dalla riserva delle tigri di Similipal, nello stato di Odisha, e costrette a vivere in misere condizioni sotto teloni di plastica. Non hanno ricevuto il risarcimento che gli era stato promesso.
- Leggi le lettere di Survival al WWF-India, con risposte, in ordine cronologico (traduzione in italiano con originali in inglese in calce allo stesso file, PDF 273 KB).
- Leggi la lettera di Survival all’Autorità nazionale per la conservazione delle tigri a proposito degli sfratti illegali dalle riserve per le tigri di Kanha e di Similipal (pdf, in inglese con traduzione in italiano, 546 KB).
- La legge indiana e quella internazionale impongono alle autorità di dimostrare che la coabitazione delle comunità con la vita naturale è impossibile; di considerare i diritti forestali delle comunità; e di avere il loro consenso libero, prioritario e informato a spostarsi. Nel caso di Kanha, nessuna di queste condizioni è stata rispettata.