#DearHumanity
Fermiamo il più grande furto di terra della storia
1. Cos’è la proposta del 30%?
Leader mondiali e grandi ONG della conservazione pianificano di trasformare il 30% del pianeta in Aree Protette entro il 2030. Al prossimo vertice ONU sulla biodiversità, il piano potrebbe diventare definitivo.
Dicono che contribuirà a fermare la perdita di biodiversità e i cambiamenti climatici.
Non sarà così! Il piano del 30% non ha basi scientifiche.
Ignora completamente i diritti dei popoli indigeni e di altre comunità locali.
Sarà il più grande furto di terra della storia, e distruggerà la vita e i mezzi di sussistenza di chi è meno responsabile della distruzione ambientale
2. Chi promuove il 30% e perché?
La proposta del 30% è sostenuta, insieme, da ONG della conservazione, governi e aziende perché:
- le grandi ONG della conservazione riceveranno miliardi per progetti collegati alla proposta;
- le imprese inquinanti potranno continuare a comportarsi come sempre;
- i governi potranno affermare di agire per proteggere l'ambiente senza prendere le decisioni impopolari di cui ci sarebbe davvero bisogno.
È una trovata per far soldi, non una soluzione per l'ambiente.
3. Da dove verrà il denaro per realizzare la proposta del 30%?
Il 30% sarà finanziato in due modi:
- Da noi! I governi donatori useranno il denaro delle nostre tasse per finanziare nuove Aree Protette.
- Con la vendita di Crediti di carbonio dalle Aree Protette, che permettono alle aziende di continuare a inquinare.
Così, le grandi ONG della conservazione faranno profitti per miliardi mentre le aziende potranno continuare a distruggere l’ambiente.
4. Qual è il ruolo delle grandi ONG della conservazione nel 30%?
Tra i principali promotori del 30% ci sono ONG della conservazione come il WWF e la NTC. Premono sui governi per farlo approvare e collaborano con le aziende più inquinanti per fare greenwashing.
Perché? Perché le grandi ONG della conservazione riceveranno miliardi di dollari per supervisionare i nuovi progetti collegati al 30%.
E non si fermano nonostante tante prove dimostrino che l'attuazione del 30% non salverà l'ambiente e distruggerà le terre e la vita di molti popoli indigeni e locali.
5. Come hanno reagito le ONG della conservazione quando gli avete presentato le prove degli abusi dei diritti umani?
Silenzio: quando gli abbiamo scritto per segnalare gli abusi dei diritti umani, non hanno risposto.
Negazioni e insulti: quando abbiamo reso pubblici gli abusi, siamo stati accusati di diffondere false informazioni; di essere "anti-natura"; di cercare solo pubblicità.
Scusanti: quando le prove sono diventate innegabili, hanno detto che si tratta solo di "qualche mela marcia". Qualcuno ha anche provato a nascondere le prove degli abusi.
Greenwashing: oggi, molti di loro dichiarano pubblicamente di lavorare con i popoli indigeni, ma hanno fatto solo interventi di facciata. Sul campo, per i popoli indigeni non è cambiato nulla.
Le reazioni che non hanno avuto? Sorpresa e shock per quello che abbiamo documentato; scuse per i crimini che hanno finanziato; un impegno autentico ed efficace a fermare gli abusi.
6. Come fermare il 30%?
Fai informazione: parla del 30% ad amici e parenti. Tutti dovrebbero sapere la verità. Dobbiamo smettere di credere alle false soluzioni! Per fare passaparola usa l'hashtag #DearHumanity e #DecolonizeConservation.
Usa il nostro kit per attivisti e passa all'azione online.
Non sostenere la proposta del 30%. Prima di viaggiare informati ed evita i luoghi da cui i popoli indigeni sono stati sfrattati o abusati nel nome della "conservazione".
Non sostenere le organizzazioni che premono per il 30%. Chiamale in causa! Tra loro ci sono Conservation International, WWF, The Nature Conservancy, Wildlife Conservation Society e altri...
Unisciti al nostro movimento per decolonizzare la conservazione e resta sintonizzato per partecipare ad altre azioni in arrivo il 2 marzo!
7. Perché la proposta del 30% dovrebbe preoccuparti?
Perché sarà un disastro sia per la biodiversità sia per l'umanità.
Perché non risolverà i problemi ambientali più gravi. Al contrario, non farà che peggiorare le cose.
Perché distoglie l'attenzione dalle vere cause della perdita di biodiversità e dei cambiamenti climatici: lo sfruttamento delle risorse naturali per profitto e il sovra-consumo crescente, trainati dal Nord globale.
Perché permetterà ai più grandi inquinatori di continuare a distruggere il pianeta. I popoli indigeni saranno derubati delle loro terre e distrutti nonostante siano i migliori custodi della natura e i minori responsabili della crisi ecologica.
8. I Cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità sono ora così gravi che dobbiamo intervenire subito. Preservare il 30% non è quindi meglio di niente?
È peggio puntare su una falsa soluzione che non averne nessuna: ti dà l'illusione di fare qualcosa e toglie energie e risorse importanti alle soluzioni reali.
Proprio perché non c'è più tempo dobbiamo affrontare subito il vero motore della distruzione della biodiversità: il sovra-consumo e lo sfruttamento delle risorse naturali a scopo di lucro. Il 30% non li mette in discussione!
9. Se il problema delle Aree Protette sono gli abusi dei guardaparco, non potremmo risolverlo con una formazione adeguata?
Non si tratta di correggere "qualche mela marcia": le violenze dei guardaparco sono molto diffuse. Quando viene creata un'Area Protetta, i guardaparco vengono dispiegati per limitare o negare ai locali l'accesso alle loro stesse terre. Governano seminando il terrore.
E i guardaparco non dovrebbero nemmeno essere lì! Sono gli esecutori militarizzati di un furto di terra.
E spesso sono ricompensati in base agli arresti che effettuano, quindi non c'è da stupirsi che siano così tante le persone vulnerabili e innocenti arrestate o abusate ingiustamente.
10. Tutti i popoli indigeni proteggono la biodiversità? Che ne dite di quelli che cacciano?
Non è un caso che le terre indigene siano spesso ricche di biodiversità e abbiano bassi tassi di deforestazione – è perché i popoli indigeni gestiscono e proteggono i loro ambienti da millenni.
Hanno una relazione intima con la loro terra e ne hanno una profonda conoscenza. Per loro, la loro terra è tutto. Spesso, con taboo e rigide regole non scritte si aiutano a gestire il territorio e le sue risorse in modo sostenibile.
Lo stesso vale per la pratica della caccia. Per esempio, i Baka imparano fin da piccoli a non cacciare cuccioli o femmine. Dato che cacciano per cibarsi, i popoli indigeni sanno che la loro sopravvivenza dipende dal mantenimento di una fauna selvatica sana e abbondante.
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11. Non avendo più uno stile di vita "tradizionale", a volte, i popoli indigeni non sfruttano eccessivamente le loro risorse?
Anche se, teoreticamente, potrebbe succedere dato che il furto della loro terra li priva dell'autosufficienza, violare i loro diritti umani non è mai giustificabile.
I popoli indigeni hanno dei diritti in quanto esseri umani e in quanto indigeni. Nessuno di questi diritti è subordinato alla loro capacità di proteggere l'ambiente (pensa, per esempio, a cosa succederebbe se i nostri diritti umani fossero rispettati solo se fossimo bravi a riciclare!).
I popoli indigeni, come tutti noi, si adattano a un mondo che cambia. Ma i loro stili di vita sono molto più sostenibili dei nostri – i popoli indigeni oggi vivono e proteggono alcune delle aree più biodiverse del pianeta.
12. Se lasciamo ai popoli indigeni le loro terre, come possiamo essere sicuri che poi non le venderanno alle industrie distruttive?
Non si tratta di "concedere" ai popoli indigeni le loro terre, ma di riconoscere i loro diritti su di esse. Questi diritti sono sanciti dalla legge internazionale e non sono soggetti a condizioni.
I popoli indigeni hanno il diritto di fare quello che vogliono nelle proprie terre! E comunque, gli studi scientifici continuano a dimostrare che sono i migliori conservazionisti – non a caso le terre indigene sono spesso ricche di biodiversità e hanno bassi tassi di deforestazione.
Inoltre, hanno un legame profondo con la loro terra e sono molto meno inclini ad aprire le porte a industrie come quelle minerarie o del taglio del legno rispetto a governi e conservazionisti.
13. "Perché Survival vuole fermare il 30%? Non possiamo semplicemente migliorarlo e includere i popoli indigeni nel piano?
La proposta del 30% non può essere corretta perché si basa su convinzioni sbagliate:
1. "Le Aree Protette funzionano": non è così!
Il numero delle Aree Protette è aumentato sempre più negli ultimi decenni e parimenti la biodiversità è diminuita senza sosta.
Le Aree Protette comportano turismo di massa e abusi dei diritti umani contro i migliori conservazionisti, i popoli indigeni, che è dimostrato sanno proteggere le loro terre meglio di chiunque altro.
2. "Svuotando la Natura delle persone la si protegge meglio": non è così!
Il concetto di "wilderness" è un mito coloniale – quasi tutti i paesaggi sono stati gestiti e modellati dall'uomo per milleni. Esseri umani e natura sono tutt'uno, non sono separati.
3. "Possimo fidarci delle promesse delle organizzazioni della conservazione": no, non possiamo!
L'industria della conservazione promette da decenni che rispetterà i diritti dei popoli indigeni, ma poco o nulla è cambiato. Nel 1996 il WWF ha anche elaborato delle linee guida a riguardo, ma più tardi ha ammesso che erano solo "d'ispirazione". Nel frattempo, sfratti, torture, stupri e uccisioni continuano nel nome della conservazione.
Non si può "correggere" un piano che si fonda su principi errati. Bisogna buttarlo e ricominciare.
Come prima cosa si devono riconoscere i diritti territoriali dei popoli indigeni e il fatto che essi sono i migliori conservazionisti. Le Aree Protette vengono quasi sempre create a spese dei loro diritti.
Fonti:
People have shaped most of terrestrial nature for at least 12,000 years
WWF Violating Indigenous Rights – Complaint Abandoned
14. Survival si oppone a tutte le Aree Protette?
Non tutte le Aree Protette sono uguali. Esistono due modelli molto diversi. In Europa, per esempio, non è stato creato nessun parco nazionale senza tenere in considerazione i bisogni delle comunità locali, e non esistono limiti o quasi sulla possibilità di entrarvi e di vivervi.
La seconda tipologia, a cui ci opponiamo, è quella della "conservazione fortezza". È il modello con cui furono creati i primi parchi nazionali negli USA ed è oggi dominante in Africa e Asia. I popoli indigeni e locali vengono abusati, perseguitati e cacciati con la forza, la coecizione o la corruzione.
I migliori custodi della terra, prima autosufficienti e con un'impronta di carbonio più bassa di chiunque altro, vengono ridotti in povertà, senza terra. È un'ingiustizia eclatante. A peggiorare le cose, dopo aver cacciato i legittimi proprietari, spesso si aprono le porte ai turisti e addirittura alle industrie estrattive.
Perché tanta differenza tra i due modelli? Perché in Europa le autorità sanno che non potrebbero cacciare gli abitanti come nulla fosse! In Africa e in Asia, invece, le ONG della conservazione possono permetterselo, e quindi lo fanno.
15. Non è meglio un'Area Protetta che niente? Se non fosse per le Aree Protette, non ci sarebbero più foreste.
Creare Aree Protette ci dà l'illusione di fare qualcosa per proteggere la natura, mentre in realtà non andiamo ad affrontare le vere cause della distruzione ambientale. Inoltre, la creazione di Aree Protette distrugge coloro che vivono là, derubandole delle loro terre e negando loro l'accesso.
In questi territori ci vivono delle persone! La "wilderness" non esiste. Le comunità indigene e locali sono quelle che hanno le migliori possibilità di proteggere quelle terre. L'idea stessa di Area Protetta è sbagliata, perché spesso vede il territorio solo come "natura" invece che come un paesaggio vissuto e gestito, di cui gli esseri umani sono una parte fondamentale.
Se non fosse per i popoli indigeni, ci sarebbe rimasta ben poca foresta. La scienza dimostra che i tassi di deforestazione sono molto inferiori nelle terre indigene. I loro territori sono spesso ricchi di biodiversità e contengono enormi riserve di carbonio. I dati sono chiari: riconoscendo i territori indigeni si raggiungono gli obiettivi di conservazione meglio che con le Aree Protette, e a un costo molto inferiore.
Fonti:
Reduced deforestation and degradation in Indigenous Lands pan-tropically
Forest governance by indigenous and tribal peoples (FAO)
Conservation performance of different conservation governance regimes in the Peruvian Amazon
A Global Baseline of Carbon Storage in Collective Lands
16. Territori indigeni e Aree Protette non sono sostanzialmente la stessa cosa? Le Aree protette non potrebbero includere anche terre indigene?
C'è una grande differenza! Nei territori indigeni, i diritti territoriali dei popoli indigeni sono riconosciuti perché legalmente è terra loro.
Al contrario, le Aree Protette sono quasi sempre gestite da agenzie governative e ONG che, spesso, escludono o limitano le attività umane, incluso quello che gli indigeni fanno per sfamare le loro famiglie come cacciare, coltivare, pescare e raccogliere cibo.
Vengono escluse o limitate anche attività rituali fondamentali come le sepolture e i culti religiosi. Guardaparco finanziati da ONG della conservazione pattugliano l'area, negano l'accesso alla terra e, in molti casi, commettono atrocità contro le popolazioni locali.
17. Avere più Aree Protette non sarebbe un bene anche per i popoli indigeni? Cosa c'è di male?
La maggior parte delle Aree Protette sono state create sulle terre di popoli indigeni e locali senza il loro consenso. Gli abitanti sono stati sfrattati perdendo così i loro mezzi di sussistenza. Nelle loro vite sono arrivate malattie, fame e disgregazione sociale.
Le terre vengono poi militarizzate. In Africa e Asia, nelle Aree Protette spesso i popoli indigeni e le comunità locali vengono abusati, torturati e persino uccisi dai guardaparco.
Spesso, questi ranger sono sostenuti da organizzazioni come WWF e WCS, e finanziati con i soldi dei contribuenti europei e statunitensi. Il piano del 30% raddoppierà la quantità di terra destinata alle Aree Protette ed è molto probabile che raddoppierà anche il numero di questi crimini.
18. Invece che prendersela con ONG della conservazione, Survival non dovrebbe lottare contro le compagnie minerarie e del taglio del legno?
La missione di Survival è contrastare chi viola i diritti dei popoli indigeni e li deruba delle loro terre, chiunque essi siano: compagnie minerarie e del taglio del legno oppure ONG della conservazione.
ONG come WWF e WCS gestiscono e sostengono da decenni Aree Protette da cui i popoli indigeni sono stati sfrattati e in cui hanno subito strupi, torture e uccisioni.
Da molti anni sanno degli abusi – spesso commessi da guardaparco finanziati direttamente da loro – ma hanno fatto poco o nulla per fermarli (è dal 1991 che Survival ne informa il WWF tramite lettere e incontri).
Ricevono persino denaro ("sono partner") da compagnie minerarie, petrolifere e del taglio del legno responsabili della distruzione di ciò che resta delle terre indigene fuori dalle Aree Protette.
Alcune compagnie del taglio del legno hanno i propri guardaparco e anche loro abusano delle comunità locali.
Nel Bacino del Congo, le grandi ONG della conservazione non denunciano mai queste aziende. Al contrario, prendono soldi da loro o le aiutano a fare greenwashing tramite certificazioni come il Forest Stewardship Council (FSC) che dà credibilità alle aziende proteggendole dalle polemiche – anche se in realtà non fanno nulla o quasi per migliorare le loro prestazioni ambientali.
Nella loro corsa al profitto, ONG della conservazione come il WWF sono ormai diventate parte del problema e non la soluzione.
Sul campo, la conservazione è militarizzata, brutale e si appropria di enormi porzioni di terre indigene. In molte parti del mondo è il problema più grave che i popoli indigeni devono affrontare.
Fonti:
The Sangha Region in the Republic of Congo
19. Il bracconaggio è un problema serio. Le Aree Protette non sono necessarie per fermare l'estinzione di alcune specie?
È davvero raro che i popoli indigeni caccino oltre i limiti causando l'estinzione di specie animali. I conservazionisti hanno criminalizzato i loro stili di vita.
Chi è a capo delle Aree Protette etichetta i cacciatori e i raccoglitori indigeni come "bracconieri" anche se cacciano e raccolgono solo per nutrirsi.
Il problema è il bracconaggio organizzato, non la caccia di sussistenza. Le Aree Protette fanno poco per fermare il bracconaggio. Anzi: privati dei loro mezzi di sopravvivenza, non sorprende che alcuni disperati abitanti locali talvolta possano essere reclutati dai bracconieri "organizzati". Spesso, nel bracconaggio sono coinvolti proprio i guardaparco che dovrebbero proteggere la fauna selvatica. Un rapporto ONU conferma ad esempio che al centro dei crimini contro la fauna selvatica c'è la corruzione, e non i popoli indigeni.
Gli sforzi e il denaro investiti per contrastare il bracconaggio attraverso la militarizzazione, potrebbero essere meglio spesi in progetti volti a educare i consumatori, a ridurre la domanda e a combattere le disuguaglianze.
Tra il 2010 e il 2016, il 65% dei $1.3 miliardi investiti da donatori internazionali per fermare il traffico illegale di animali selvatici è stato usato per aumentare le Aree Protette e per le attività di controllo.
Solo il 15% è andato a iniziative di sostegno alla sussistenza delle comunità attorno alle aree con alte percentuali di bracconaggio.
Fonti:
Bracconaggio: guardaparco arrestati in Africa e Asia. Rapporto ONU conferma che la più grande minaccia è la corruzione
Analysis of International Funding to Tackle Illegal Wildlife Trade
Links between terrorism and the ivory trade overblown, study says
20. Perché le Aree Protette aumenteranno le sofferenze umane?
In molte parti del mondo le Aree Protette sono militarizzate e violente. Vengono create senza il consenso degli abitanti indigeni e locali che hanno vissuto in quelle terre per generazioni. Si tratta di un massiccio furto di terra eseguito nel nome della conservazione.
Spesso, gli abitanti di questi territori vengono sfrattati illegalmente. I guardaparco poi limitano o negano l'accesso dei locali alle loro stesse terre privandoli di mezzi di sussistenza e identità: non possono accedere nemmeno ai loro cimiteri e siti sacri.
Ma non è tutto. I guardaparco commettono atrocità contro i locali che cercano di entrare nelle loro terre per sfamare le proprie famiglie o che non vogliono abbandonare le loro case nella foresta. Sono frequenti abusi, stupri, torture e persino omicidi.
Il piano del 30% raddoppierà la quantità di terra destinata alle Aree Protette ed è molto probabile che raddoppierà anche il numero di questi crimini. Si suppone che arrecherà danno a circa 300 milioni di persone – le meno responsabili della crisi climatica e della perdita di biodiversità.
Fonti:
Protecting half of the planet could directly affect over one billion people
21. Perchè sosteniamo che le Aree Protette non hanno alcun effetto sui cambiamenti climatici?
Contrariamente a quanto affermano alcuni ambientalisti, la capacità che gli ecosistemi "naturali" hanno di contribuire ad assorbire i gas clima-alteranti nei prossimi anni è in realtà molto piccola rispetto al danno provocato dalle emissioni generate dai combustibili fossili.
I cambiamenti climatici non sono confinabili! Devasteranno le Aree Protette al pari di qualsiasi altro luogo. Per esempio, molte foreste e altri ecosistemi stanno già diventando più soggetti agli incendi.
La massima priorità deve essere quella di ridurre l'uso dei combustibili fossili. Negli ultimi due decenni, 100 singole aziende sono state responsabili del 71% delle emissioni climatiche globali. Per affrontare davvero i cambiamenti climatici, le aziende devono SMETTERE di inquinare e di estrarre risorse a scopo di lucro. Aumentare le Aree Protette non è la soluzione.
Fonti:
The Carbon Majors Database
22. È vero che le Aree Protette sono generalmente poco efficaci nel prevenire la perdita di fauna selvatica? Non sono una cosa buona per l'ambiente?
Le Aree Protette, soprattutto in Africa, spesso non sono così “protette” come si potrebbe pensare. Una volta svuotate dei loro abitanti originari, spesso con la violenza, le terre passano sotto il controllo di élite locali o ONG della conservazione che a quel punto possono stringere accordi con chi vuole sfruttarne le risorse. Molto spesso si aprono le porte a turismo di massa, caccia sportiva e persino alle industrie estrattive.
L'unico obiettivo che è stato raggiunto dal precedente Piano d'azione globale sulla biodiversità 2010-2020 è stato quello di aumentare del 17% le Aree Protette sulla Terra. Ciò nonostante, è la stessa industria della conservazione ad ammettere che nello stesso periodo la biodiversità è diminuita ancor più rapidamente di prima.
Uno studio del 2019 condotto su oltre 12.000 Aree Protette in 152 paesi ha rilevato che negli ultimi 15 anni la maggior parte di esse non ha fatto nulla per ridurre la pressione umana sulla fauna selvatica. Anzi. All'interno di molte Aree Protette la pressione è effettivamente aumentata rispetto alle aree non protette. Sfrattando i popoli indigeni, di fatto si impedisce ai migliori ambientalisti di proteggere la natura.
Infine, la creazione di un'Area Protetta è spesso vista come un via libera alla distruzione del territorio al di fuori dei suoi confini: non è raro che le compagnie minerarie o di disboscamento comprino il silenzio delle grandi ONG della conservazione finanziando le loro Aree Protette o i guardaparco.
Fonti:
Global Biodiversity Outlook 5, Summary for Policymakers
A global-level assessment of the effectiveness of protected areas at resisting anthropogenic pressures
23. Quindi, qual è l'alternativa di Survival al piano del 30x30?
L'evidenza dimostra che il modo migliore per proteggere la biodiversità è riconoscere i diritti territoriali dei popoli indigeni, che sono i migliori conservazionisti.
Serve un modello di conservazione totalmente nuovo, che abbia al centro i popoli indigeni e i loro diritti; che non consideri la "natura" come un'entità priva di persone; e che combatta le vere cause della distruzione ambientale: il sovraconsumo e lo sfruttamento delle risorse naturali per profitto trainati dal Nord globale.
Per ulteriori informazioni sul nostro modello alternativo: svlint.org/ManifestoOurLandOurNature-IT
24. Ma anche organizzazioni come Bezos Earth Fund e WWF affermano che i popoli indigeni sono partner cruciali per la protezione della biodiversità...
Fanno dichiarazioni simili da decenni. Alcune ONG hanno persino adottato politiche interne che li impegnano a rispettare i diritti degli indigeni. Ma è importante guardare a quello che fanno sul campo, non a quello che dicono. Nei fatti, continuano a sostenere la "conservazione-fortezza" e a finanziare guardie che uccidono, violentano e torturano i popoli indigeni.
25. Che prove avete per sostenere che il piano del 30x30 sfratterà i popoli indigeni? Si sa quali terre saranno trasformate in Aree Protette?
Sebbene il piano 30x30 non specifichi che i popoli indigeni saranno sfrattati né quali terre saranno trasformate in Aree Protette, è chiaro che avrà un impatto devastante su di loro. Perché? Perché i territori indigeni sono un baluardo contro la deforestazione e uno straordinario scrigno di biodiversità.
Pertanto, è inevitabile che nell'ambito del 30x30 – il cui scopo primario è la protezione di aree importanti per la biodiversità – una quota significativa delle nuove Aree Protette sarà realizzata nelle terre indigene, soprattutto nel Sud del mondo. Un recente documento accademico stima che il piano del 30x30 potrebbe sfrattare ed espropriare direttamente 300 milioni di persone, e impattare indirettamente su molte altre.
Inoltre, il modello di conservazione dominante in Africa e in Asia è quello della "conservazione-fortezza" e la sua popolarità presso governi e organizzazioni della conservazione non mostra segni di cedimento. Questo tipo di conservazione è altamente militarizzato e comporta lo sfratto dei popoli indigeni dalle loro terre o restrizioni così severe alla loro vita quotidiana da rendergli impossibile sfamarsi. Gli toglie anche l'accesso ad aree vitali come luoghi sacri e cimiteri.
Fonti:
Protecting half of the planet could directly affect over one billion people
26. La proposta del 30% ha fondamenta scientifiche?
No! Il 30% è un numero a caso. È una manovra di marketing basata su prove molto deboli. Uno dei principali autori di un articolo accademico ampiamente consultato che chiede di portare le Aree Protette al 30% sostiene che: "Non c'è nessuna base scientifica per il 30% È [un dato] arbitrario."
Un nuovo studio realizzato per la Convenzione sulla Diversità Biologica da scienziati conservazionisti mostra infatti che la cosa più importante è affrontare le cause profonde della perdita di biodiversità come il sovraconsumo e gli incentivi dati all'agricoltura distruttiva.
Mentre, dall'altro lato, esistono moltissime prove scientifiche a dimostrazione che le terre indigene sono i migliori santuari per la biodiversità.
Fonti:
The hottest number in conservation is rooted more in politics than science
Convention on Biological Diversity
27. Cosa intendete dire quando affermate che le Aree Protette sono "nate nella brutalità"?
Dietro la “conservazione” per come è praticata oggi c'è una storia oscura. Nel 19° secolo, gli USA istituirono il primo parco nazionale su terre rubate ai Nativi Americani. Molti parchi nazionali USA hanno sfrattato proprio i popoli che avevano creato quegli habitat ricchi di fauna selvatica, riducendoli in povertà e senza terra.
Questo modello di conservazione, noto come "conservazione fortezza", è stato poi esportato in tutto il mondo, in particolare in Africa e Asia. Lì, i cacciatori di trofei istituirono delle "riserve di caccia" per impedire a indigeni e cacciatori poveri di prendersi le "loro" prede: in pratica crearono dei parchi di caccia privati.
Alla base della storia e dell'etica della conservazione c'è l'idea di "wilderness", ovvero il mito di una natura selvaggia o incontaminata priva di essere umani. Ma è un equivoco razzista e colonialista che manca di riconoscere il ruolo giocato dai popoli indigeni nel plasmare e prendersi cura dei loro stessi territori.
Considerare quelle terre "vuote" permetteva loro di appropriarsene. Non a caso molti importanti conservazionisti sostenevano le teorie più razziste dell'epoca. Anzichè privi di influenza umana, i luoghi "selvaggi" più famosi al mondo erano e sono la casa dei popoli indigeni.
Oggi, la "conservazione fortezza" è il modello dominante in molte parti del mondo e comporta tuttora lo sfratto illegale dei popoli indigeni e locali dalle loro terre ancestrali.
28. I popoli indigeni non traggono benefici dalle Aree Protette e dai posti di lavoro che ne derivano, come guardaparco o guide turistiche?
Nessun posto di lavoro può compensare la perdita di terra e mezzi di sussistenza che le Aree Protette comportano. Se una persona viene cacciata dalla sua terra illegalmente, non può scegliere liberamente come vivere e autosostentarsi. L'industria della conservazione trasforma popoli un tempo indipendenti, auto sufficienti e resilienti in "domestici specializzati" totalmente dipendenti dal turismo.
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