I Boscimani riportano il Botswana in tribunale per farsi riconoscere il diritto all’acqua

1 giugno 2010

I Boscimani del Kalahari tornano in tribunale per vedersi riconoscere il diritto all’acqua. © Survival International

Questa pagina è stata creata nel 2010 e potrebbe contenere un linguaggio ormai obsoleto.

I Boscimani hanno riportato in tribunale il governo del Botswana che continua a impedire loro di ripristinare e utilizzare il pozzo dell’acqua esistente nelle loro terre.

Il dibattimento comincerà presso l’Alta Corte del Botswana, a Lobatse, il prossimo 9 giugno.

Quando sfrattò i Boscimani dalla Central Kalahari Game Reserve (CKGR) nel 2002, il governo fece anche smantellare e cementare il pozzo che costituiva l’unica fonte d’acqua per le comunità boscimani della riserva.

Nel 2006 l’Alta Corte sancì che “il governo aveva agito in modo anticostituzionale” quando sfrattò i Boscimani contro la loro volontà e disse che essi avevano il diritto di ritornare a casa. Da allora, lo hanno già fatto a centinaia.

Nonostante i tentativi di dialogo e nogoziazione effettuati dai Boscimani, il governo continua tuttavia a vietare loro l’utilizzo del pozzo.

Per procurarsi acqua fresca, i Boscimani, che vivono in uno degli ambienti più aridi del pianeta, sono costretti ad affrontare un cammino di oltre 480 km. Da quando il pozzo è stato chiuso, almeno un membro della comunità è morto per disidratazione.

I Boscimani hanno deciso di ritornare in tribunale per disperazione, con l’obiettivo di vedersi riconoscere il fondamentale diritto umano all’acqua.

Il massimo funzionario delle Nazioni Unite per i diritti dei popoli indigeni, il professor James Anaya, “ha condannato il Botswana” per il trattamento riservato ai Boscimani sostenendo che il governo non ha saputo rispettare “i basilari standard internazionali sui diritti umani”. Ha inoltre costatato che i Boscimani “che sono rimasti o sono tornati nella riserva devono affrontare condizioni di vita dure e pericolose a causa dell’impossibilità di accedere all’acqua”, e ha chiesto al governo di riaprire il pozzo “come questione della massima urgenza”.

“L’Alta Corte ha stabilito che abbiamo il diritto di vivere sulla terra dei nostri antenati” ha dichiarato Jumanda Gakelebone, un Boscimane della CKGR. “Certamente questo implica anche che abbiamo il diritto di bere la nostra acqua. Molti Boscimani, soprattutto gli anziani e i più giovani, stanno soffrendo la sete. È doloroso vedere che gli animali e i turisti che visitano le nostre terre possono bere finché vogliono mentre noi moriamo di sete. Preghiamo che la Corte ci restituisca la nostra acqua”.

Leggi un breve riassunto degli elementi del processo.

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