L'ultimo della sua tribù
di Fiona Watson
Vive solo, nel silenzio più assoluto, sempre in fuga, sempre impaurito, invisibile al resto del mondo. È il solo sopravvissuto della sua tribù e questa è la sua vita quotidiana. Non sappiamo chi sia, quale sia il nome della sua tribù o che lingua parli. Il suo popolo è stato probabilmente massacrato dagli allevatori di bestiame che stanno invadendo la regione a ritmi vertiginosi.
Si sposta in continuazione nel piccolo appezzamento di foresta in cui vive; la sua presenza è ovunque e sento che ci sta osservando. Mario e Pedro, le nostre guide indiane, ci indicano uno dei suoi nascondigli fatti di foglie, e una palma che lui ha abbattuto per mangiarne il cuore.
È conosciuto semplicemente come “L’ultimo della sua tribù”. Scava ampie buche per intrappolare gli animali o per nascondersi. Questa buca è profonda oltre un metro e ottanta, e si trova in una piccola maloca abbandonata, costruita con foglie e paglia. Se ci avvicinassimo troppo, ci lancerebbe frecce d’avvertimento. L’anno scorso ha ferito Tunio, che lavora per il Funai, il Dipartimento agli affari indiani del Brasile. Camminare nella casa di qualcuno senza essere stati invitati è un’invasione. Attorno ci sono punte di freccia intagliate, zucche per conservare l’acqua, noci essicate e una torcia di resina. Il suo orto trabocca di prodotti – paw paw, manioca e granoturco. Probabilmente va a raccogliere i frutti maturi di notte, protetto dall’oscurità. Per abbattere tutti gli alberi della radura deve aver lavorato a mano per giorni.
Quella del Funai non è la visita di un gruppo di curiosi. A spingere la piccola squadra nell’area è un motivo molto serio: stabilire se l’uomo è ancora vivo e monitorare il territorio per proteggerlo dalle invasioni. Un gruppo di allevatori mira alla sua terra, e nella zona ci sono molti uomini dal grilletto facile disposti a uccidere al solo prezzo di una notte in città. Non per nulla molti Brasiliani chiamano la Rondônia lo stato del “bang bang”.
Ho deciso di accompagnare i funzionari del Funai per raccontare la tragedia di quest’uomo e contribuire a difendere i suoi diritti, così come vuole fare la campagna di Survival ‘Popoli incontattati’, per i diritti delle tribù incontattate del mondo.
Pochi mesi dopo la mia visita, è arrivata la buona notizia: il Funai ha deciso di non stabilire un contatto con “L’ultimo della sua tribù”, ma di proteggere e ampliare di 3.000 ettari il suo minuscolo territorio per garantirgli più spazio e più selvaggina da cacciare. La speranza è quella che oggi lui possa vivere la sua vita in pace.
©Fiona Watson, 2005
[Traduzione di Elena Pozzi.]
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